La pianta che produce oro - (incrocinews.it)
L’idea che una pianta possa produrre oro sembra uscita da un racconto fantastico, una sorta di alchimia medievale. E invece…
Come vedremo oggi, non si tratta di un concetto fiabesco, ma di un campo di ricerca scientifica chiamato fitomineria, che sta rivoluzionando il modo in cui concepiamo l’estrazione dei metalli preziosi. Sebbene le piante non “creino” oro, esse possiedono una straordinaria capacità di assorbire questo metallo dal suolo e concentrarlo nei loro tessuti, dando vita a un processo affascinante e potenzialmente ecologico.
Il processo che permette alle piante di accumulare oro si basa su un principio naturale che avviene in terreni ricchi di particelle di metallo, ma con concentrazioni talmente basse che i metodi tradizionali di estrazione risultano troppo costosi o addirittura impraticabili.
In questi terreni, piante come l’eucalipto e la senape indiana (Brassica juncea) sono particolarmente abili nell’assorbire le particelle di oro attraverso le loro radici. Per rendere l’oro “assimilabile”, vengono utilizzati agenti chimici che dissolvono le particelle metalliche, permettendo loro di essere facilmente assorbite insieme all’acqua e ai nutrienti.
Una volta dentro la pianta, l’oro viaggia attraverso il sistema vascolare, accumulandosi principalmente nelle foglie e nei gambi sotto forma di nanoparticelle. Questo accumulo avviene senza danneggiare la pianta, che agisce come un “bioaccumulatore” naturale. L’oro, quindi, non viene creato, ma semplicemente concentrato nel corpo vegetale.
Non aspettatevi di vedere pepite d’oro crescere direttamente sui rami delle piante. La fase finale di questo processo richiede un intervento industriale. Quando le piante hanno accumulato una quantità sufficiente di oro, vengono raccolte e incenerite. Le ceneri risultanti contengono oro concentrato, che poi viene separato e raffinato tramite metodi metallurgici tradizionali per ottenere il metallo puro.
Questo processo, pur essendo molto lontano dalla magia di raccogliere oro direttamente dalla natura, offre un’alternativa ecologica all’estrazione mineraria tradizionale, che è spesso devastante per l’ambiente. La fitomineria, infatti, non solo offre un metodo meno invasivo, ma potrebbe anche contribuire a ripulire terreni contaminati o inutilizzabili.
La fitoestrazione, un sottocampo della fitomineria, sfrutta piante specializzate per accumulare metalli preziosi, come l’oro, ma anche altri metalli rari come platino e palladio. Il suo vero valore risiede nella possibilità di utilizzarla come alternativa ecologica alla tradizionale estrazione a cielo aperto. Quest’ultima, infatti, è responsabile di enormi danni ambientali, come la deforestazione e la contaminazione dei suoli e delle acque.
Un ulteriore vantaggio della fitoestrazione è il suo potenziale nel recupero di metalli da terreni contaminati o sterili, dove l’estrazione tradizionale sarebbe impossibile o troppo costosa. In questo modo, oltre a generare valore economico, questo metodo offre la possibilità di “ripulire” l’ambiente, trasformando terreni inutilizzabili in fonti di metalli preziosi.
La possibilità di avere una pianta che accumula oro in casa potrebbe sembrare un sogno irrealizzabile, ma in realtà, seppur affascinante, il processo della fitomineria è complesso e richiede condizioni molto specifiche. Per ottenere risultati significativi, infatti, è necessario un terreno ricco di particelle d’oro, un controllo preciso delle sostanze chimiche utilizzate e una certa infrastruttura per la raccolta e il trattamento delle piante su larga scala. Sebbene non sia possibile “coltivare” oro come se fosse una pianta da appartamento, il futuro della fitomineria potrebbe portare a nuove applicazioni anche in ambito industriale e agricolo, con potenziali benefici per l’ambiente.